di CARMEN VURCHIO

Quando riesco a mettermi comoda e ad aprire un libro, mi sento come nella più lussuosa delle vasche idromassaggio in circolazione. Peccato che a Cabo Verde, dove vivo ormai da undici anni, non esistano librerie. I libri devo procurarmeli durante i miei viaggi in Italia, (rari da un paio d’anni a questa parte, causa Covid), devo metterli in valigia, quindi non devono pesare più di tanto, e soprattutto devo farmeli bastare fino a nuovo viaggio.
“La mia vita da Geisha”, di Liza Dalby, è un libro che non ho mai comprato e che non so come abbia fatto a finire a casa mia, senza passare prima dal mio bagaglio. Ma ciò che conta è che a casa ci sia arrivato.
Incuriosita dal titolo e dalla copertina, ho deciso di immergermi nel mondo, a me del tutto oscuro, delle case da tè giapponesi, regno delle geishe, impero della calma e della serenità.
Ho sempre pensato che la geisha fosse una bambola di porcellana col dono della parola. Ho capito di non sapere nulla dell’argomento grazie all’autrice, un’antropologa americana (studia le simbiosi interculturali), unica donna occidentale che, dopo aver lavorato sodo per diventare geisha, (la preparazione è estenuante) ha debuttato in quel ruolo, a Kyoto, per poterlo descrivere nel migliore dei modi. Anche se dal libro si evince che non si è calata nella parte fino in fondo, le va riconosciuto il merito di essere riuscita comunque a trasmettere le emozioni legate a questo mestiere un tempo custode di antiche tradizioni, e che oggi quelle tradizioni le ha in parte abbandonate, per assumere nuove forme.
In passato la geisha era una donna divertente, istruita, aggiornata. Per gli uomini, compagna della mente. Oggi, a detta dell’autrice, più compagna del corpo. Una donna che al tè preferisce qualcosa di più forte, dato che “una geisha astemia è una contraddizione in termini”. Angelica e, allo stesso tempo, grande sacerdotessa del sesso.
“Le geishe devono essere sexy, estrose e piene di spirito, mentre alle mogli si concedono discrezione, piattezza e serietà”. Quasi a voler significare che le geishe se la godono, mentre le mogli si annoiano.
Qualcuno potrebbe dissentire. La geisha è un’artista: canta, suona, balla, studia. E’ un patrimonio da salvaguardare, in quanto a rischio estinzione. Una cortigiana di lusso solo per la cultura occidentale.
I tempi cambiano, (il libro è stato scritto più di 15 anni fa) le donne cambiano. Le tradizioni che sopravvivono al passare delle stagioni, perdono comunque gli antichi splendori. Quindi anche il ruolo della geisha potrebbe essere diverso da quello descritto nel libro, così come potrebbe essere cambiata la figura della moglie così tollerante.
Quello delle case da tè resta comunque un mondo misterioso e il merito è senza alcun dubbio di una donna che grazie a sacrifici immani, è riuscita a coronare il suo sogno e quello di milioni di turisti che giungono a Kyoto nella speranza di poterla ammirare. Altro che bambola di porcellana col dono della parola.
I libri servono anche a questo: ad avvicinarci a culture lontane. A farci viaggiare, restando seduti sulle nostre poltrone. Non sempre è possibile fare la valigia e partire, alla scoperta di universi a noi estranei. Ma è bello sapere che in un mondo parallelo ci sia sempre una geisha pronta a offrirti un tè.