Ho appena finito di vedere in tv un noto politico passeggiare sorridente, intento a raggiungere la sua meta a piedi, anche se seguito da un fiume di giornalisti. Lui non ha detto una parola, il fiume lo ha seguito sperando che quella parola la pronunciasse. Ora mi chiedo: cosa ci vuole a fermarsi un attimo e a dedicare un minuto a chi ha il compito d’informare il Paese sugli sviluppi delle consultazioni? Invece no. Si passeggia sorridendo ma senza fiatare, irrispettosi del lavoro altrui. Perché oltre al giornalista che tiene il peso fisico di un microfono e psicologico di portare a casa il risultato, c’è l’operatore che ha in spalla una telecamera pesante, c’è chi porta le luci, chi il microfono con l’asta. Una passeggiata per qualcuno è vivere la propria celebrità, per qualcun altro è spezzarsi la schiena. Quindi cari politici, se volete che gli altri rispettino voi, iniziate col rispettare gli altri, giornalisti compresi. Una categoria alla quale io appartengo e sulla quale è facile sputare, soprattutto quando non serve più. Una categoria cara ai politici solo in campagna elettorale, quando anche un semplice conduttore senza tesserino e conoscenza in materia, diviene il miglior interlocutore possibile. Quando si è disposti a parlare anche ai muri, perché hanno orecchie e potrebbero consigliare a qualcuno…per chi votare.
