Pubblicato in: Le vostre domande, le mie risposte

Fuggire con razionalità.

Buongiorno Carmen, abbiamo programmato una visita di un paio di settimane a CV e il 21 febbraio saremo, come prima tappa, a SAL. Faremo un giro perlustrativo, diciamo così, di Sal, Mindelo, Boa Vista. L’obiettivo è… “fuga dall’Italia, destinazione CV”… 🙂 con l’idea di acquistare e magari trovare spazio per mettere in piedi qualcosa. Tra i vari filmati su YouTube, ho sentito che tuo marito ha una piccola impresa di costruzioni. Visto che sono un ingegnere mi piacerebbe confrontarmi. Abbiamo sentito e incontrato diversi italiani, che operano lì da diversi anni, mi piacerebbe sentire anche la vs… se ti va, girami la tua email così intanto ti racconto chi siamo e magari ci troviamo a SAL… se ho capito bene stai a Murdeira? Dovremmo capitare lì (se mi confermano l’appuntamento) per visitare un immobile. Grazie a presto.

Buongiorno.

Sono contenta che abbiate in programma un giro perlustrativo di Cabo Verde. Prima di “fuggire” è meglio studiare bene la destinazione. E voi, a quanto pare, lo sapete già. L’Italia è bellissima e Cabo Verde non è da meno ma ogni Paese ha i propri pregi e i propri difetti, che si scoprono solo vivendo la quotidianità.

Mi chiedete di Max e del suo lavoro. Max è un bresciano che vive qui a Sal da più di vent’anni, quindi conosce bene l’isola, dove ha costruito diverse piccole opere. Attualmente è impegnato nella realizzazione di un centro commerciale, sempre a Santa Maria. Un bel progetto, non facile da portare a termine ma che gli sta dando belle soddisfazioni. Ama il suo lavoro, ed ama il confronto costruttivo; quindi, gli farà sicuramente piacere parlare con voi. Per quanto riguarda il luogo, per noi è il Top, ma è soggettivo. Ci piace il fatto che ci sia il sole tutto l’anno, che non ci sia traffico, che non si debbano trascorrere le giornate in coda alla posta per spedire un pacco, come mi è capitato durante il mio ultimo viaggio in Italia (io e mia mamma in coda fuori dall’ufficio postale di Torino per quattro ore), ci piace vestirci in modo semplice, senza dover seguire per forza la moda, sapere che la criminalità è quasi inesistente.

Cosa non ci piace? La mancanza di puntualità; il fatto che l’azienda fornitrice di acqua e luce da mesi ormai abbia problemi nel rifornire alcune aree del paese, compresa casa nostra, (manca l’acqua minimo due giorni a settimana, un po’ come al Sud Italia, potrebbe replicare qualcuno), ma soprattutto la cattiva gestione del sistema rifiuti.

D’altronde non dobbiamo mai dimenticare che siamo a due passi dall’Africa. Detto ciò, l’Italia ci manca? Il tuo Paese d’origine non può non mancarti. Offre cose che Cabo Verde non potrà mai offrire. Solo che il prezzo da pagare per poterne usufruire è, a nostro avviso, decisamente elevato.  

Qui alla fine vivere è un po’ più facile. I capoverdiani sono gentili e non guardano allo straniero con cattiveria. Anche perché gli stranieri hanno fatto tanto per questo posto. Mi viene in mente l’Ingegner Stefanina, tanto per sottolineare il legame Italia – Cabo Verde. È soprattutto grazie a lui, che tanti anni fa ha scelto d’investire i suoi “risparmi” qui, se oggi Sal vive di turismo (in pochi rimpiangono la Santa Maria di un tempo, che viveva di pesca). Grazie a lui, tanti capoverdiani hanno imparato un mestiere e di conseguenza trovato lavoro, si sono fatti una casa, hanno scoperto un altro mondo pur restando nella propria terra, hanno imparato a parlare italiano, cosa che contribuisce a farci sentire a casa, soprattutto a Santa Maria, dove io e Max abbiamo vissuto all’inizio della nostra vita insieme, prima di trasferirci a Murderia, dove abitiamo da cinque anni ormai.

Murdeira è il regno della tranquillità. Se capitate da queste parti, ci incontreremo di sicuro. Il posto è veramente piccolo. Così vi presenteremo Mattia, il figlio di Max che vive con noi ormai da sette anni, e i nostri tre cuccioli pelosi, Giasone, Medea e Ronnie.

Vi aspettiamo.

A presto.

Carmen Vurchio Cabo Verde

carmen.vurchio@libero.it

p.s. ricevo tante email e sono decisamente in ritardo con le risposte. Chiedo scusa a tutti. Ormai ho i tempi capoverdiani, faccio tutto con molta ma molta calma e soprattutto senza stress.

Aeroporto Internacional Amilcar Cabral -Sal – Cabo Verde
Pubblicato in: Tre cocker a Cabo Verde

La guida completa per il tuo Cocker Spaniel Inglese.

Non avrei mai comprato “La guida completa per il tuo Cocker Spaniel Inglese”, ma il mio compagno ha pensato di regalarmela, con la convinzione che mi sarebbe servita a capire come comportarmi con i nostri tre cuccioli pesoli. Voleva trasformarmi in una proprietaria perfetta, come recita la guida, ma anche se l’autore, Gavino Rocca, ce l’ha messa tutta, i suoi consigli mi sono serviti a poco. Non per colpa sua. Con i miei cani non ho polso. Li accontento in tutto. Forse perché non sono poi così indisciplinati. Ogni tanto fanno di testa loro, ma a me piace così.

Resto comunque convinta del fatto che ogni cane, se pur della stessa razza, abbia il proprio carattere. Lo vedo con Giasone, Medea e Ronnie. Il primo se si arrabbia morde, la seconda potrebbe partecipare alle olimpiadi, tanto è agile, il terzo sembra sempre sulle nuvole. Ma tutti e tre fanno la guardia come se fossero dei lupi. E nel contempo tutti e tre mi riempiono di affetto. Amore incondizionato e condiviso.

È anche vero che i miei tesori sono fortunati perché vivono a due passi dall’Africa; quindi, possono permettersi di essere un po’ più liberi e trasgressivi dei cani che vivono a Torino, tanto per citare la mia città.

Comunque, ho letto la guida con interesse e se avete intenzione di prendere un cocker, ve la consiglio, ma prima di portare il cucciolo a casa vostra.

Mi sento però di fare una critica all’autore: il libro è pieno di errori. Sembra che nessuno lo abbia riletto prima di procedere con la stampa. Peccato.

Ciò non toglie che l’autore probabilmente sia bravissimo con i cani. Anzi, non lo metto in dubbio. Il consiglio che ho fatto mio? Prima di leggere il libro disinfettavo l’area usata dai cani con l’ammoniaca, pensando fosse un’ottima scelta. Invece nella guida c’è scritto di usare prodotti neutralizzanti “evita l’ammoniaca perché non elimina completamente gli odori”. Una piccola accortezza che, quando si hanno tre cani, può fare la differenza.

Carmen Vurchio – Cabo Verde

Ronnie
Giasone
Medea
Pubblicato in: Il mondo visto da qui

Festeggiamo noi stesse.

Carmen Vurchio

Ci sono ancora uomini che si permettono di maltrattare noi donne. Si sentono superiori. Si sentono più forti. Più intelligenti. Più capaci. Non dobbiamo avere paura di loro. Non dobbiamo sentirci sole e indifese. Dobbiamo reagire e non subire. Per questo oggi è giusto festeggiare noi stesse. Per ciò che abbiamo grazie a chi ha lottato prima di noi e per ciò che avranno, grazie a noi, le bimbe di oggi, donne di domani. Auguri amiche mie❤️

Pubblicato in: Le vostre domande, le mie risposte

La domanda di Antonella.

Messaggio: Sono appena andata in pensione e mi piacerebbe venire a vivere a Cabo Verde. Mi piacerebbe parlare con te. GRAZIE – Antonella

Carmen Vurchio

Ciao Antonella. Bel traguardo la pensione. Qui a Sal, dove vivo io, ci sono diversi italiani pensionati. Da ciò che mi dicono si trovano bene innanzitutto grazie al clima, fa caldo tutto l’anno, e poi perché anche in questo brutto periodo storico, la qualità della vita a Cabo Verde è buona. Non pensare però che si viva con pochi soldi. Dipende da te. É soggettivo. Quello che ti posso garantire è che farai presto amicizia e che non vivrai rinchiusa in casa ma sdraiata al sole.

Non mettere molte cose in valigia: qualche costume, vestiti leggeri, una giacca per la sera, (utile durante la stagione del vento), scarpe basse, creme solari, prodotti per i capelli. Non riempire i bagagli di cibo, non è più necessario. Oramai si trova quasi tutto. Ci sono minimarket gestiti da capoverdiani, da cinesi e poi c’è un minimarket con prodotti che arrivano dall’Italia. Costano un po’ di più ma il gioco vale la candela. E poi è un costo giustificato dalle elevate tasse d’importazione.

Quando sarai qui ti occuperai dei documenti necessari per regolarizzare la tua permanenza sull’isola, tanto quando arriverai in aeroporto ti faranno un visto che ti consentirà di stare tranquilla per un po’. Il visto puoi farlo anche prima di partire, recandoti presso il Consolato di Cabo Verde.

La casa: devi decidere tu. Puoi scegliere un monolocale, un appartamento in un residence con piscina, una casetta indipendente. All’inizio scegli qualcosa di economico, poi con calma potrai valutare ciò che è meglio per te. Senza fretta, senza stress.

Altro consiglio: sei in pensione? Fai la pensionata. Non farti venire in mente di aprire attività. Aprono tutti ristoranti e bar. Lascia che lo facciano gli altri. Tu goditi la pensione. Sicuramente, te lo meriti.

Se hai bisogno di ulteriori suggerimenti scrivimi e se dovessi decidere di partire, fammi un fischio, così ci prenderemo un buon caffè in riva all’oceano.

Spero di esserti stata utile. A presto.

Carmen Vurchio – Cabo Verde

Pubblicato in: Viaggiare da casa

“La mia vita da Geisha”

di CARMEN VURCHIO

Carmen Vurchio – Cabo Verde

Quando riesco a mettermi comoda e ad aprire un libro, mi sento come nella più lussuosa delle vasche idromassaggio in circolazione. Peccato che a Cabo Verde, dove vivo ormai da undici anni, non esistano librerie. I libri devo procurarmeli durante i miei viaggi in Italia, (rari da un paio d’anni a questa parte, causa Covid), devo metterli in valigia, quindi non devono pesare più di tanto, e soprattutto devo farmeli bastare fino a nuovo viaggio.

“La mia vita da Geisha”, di Liza Dalby, è un libro che non ho mai comprato e che non so come abbia fatto a finire a casa mia, senza passare prima dal mio bagaglio. Ma ciò che conta è che a casa ci sia arrivato.

Incuriosita dal titolo e dalla copertina, ho deciso di immergermi nel mondo, a me del tutto oscuro, delle case da tè giapponesi, regno delle geishe, impero della calma e della serenità.

Ho sempre pensato che la geisha fosse una bambola di porcellana col dono della parola. Ho capito di non sapere nulla dell’argomento grazie all’autrice, un’antropologa americana (studia le simbiosi interculturali), unica donna occidentale che, dopo aver lavorato sodo per diventare geisha, (la preparazione è estenuante) ha debuttato in quel ruolo, a Kyoto, per poterlo descrivere nel migliore dei modi. Anche se dal libro si evince che non si è calata nella parte fino in fondo, le va riconosciuto il merito di essere riuscita comunque a trasmettere le emozioni legate a questo mestiere un tempo custode di antiche tradizioni, e che oggi quelle tradizioni le ha in parte abbandonate, per assumere nuove forme.

In passato la geisha era una donna divertente, istruita, aggiornata. Per gli uomini, compagna della mente. Oggi, a detta dell’autrice, più compagna del corpo. Una donna che al tè preferisce qualcosa di più forte, dato che “una geisha astemia è una contraddizione in termini”. Angelica e, allo stesso tempo, grande sacerdotessa del sesso.

“Le geishe devono essere sexy, estrose e piene di spirito, mentre alle mogli si concedono discrezione, piattezza e serietà”. Quasi a voler significare che le geishe se la godono, mentre le mogli si annoiano.

Qualcuno potrebbe dissentire. La geisha è un’artista: canta, suona, balla, studia. E’ un patrimonio da salvaguardare, in quanto a rischio estinzione. Una cortigiana di lusso solo per la cultura occidentale.

I tempi cambiano, (il libro è stato scritto più di 15 anni fa) le donne cambiano. Le tradizioni che sopravvivono al passare delle stagioni, perdono comunque gli antichi splendori. Quindi anche il ruolo della geisha potrebbe essere diverso da quello descritto nel libro, così come potrebbe essere cambiata la figura della moglie così tollerante.

Quello delle case da tè resta comunque un mondo misterioso e il merito è senza alcun dubbio di una donna che grazie a sacrifici immani, è riuscita a coronare il suo sogno e quello di milioni di turisti che giungono a Kyoto nella speranza di poterla ammirare. Altro che bambola di porcellana col dono della parola.

I libri servono anche a questo: ad avvicinarci a culture lontane. A farci viaggiare, restando seduti sulle nostre poltrone. Non sempre è possibile fare la valigia e partire, alla scoperta di universi a noi estranei. Ma è bello sapere che in un mondo parallelo ci sia sempre una geisha pronta a offrirti un tè.

Pubblicato in: Cabo Verde No Stress

Mi vaccinerò, per non sentirmi delinquente.

Sono qui, a Capo Verde. Sono tranquilla ma non sono felice. Se avessi la bacchetta magica tornerei alla vita che facevo prima che il Covid rovinasse tutto. Lo so, siamo tutti rassegnati, molti di noi pronti a vaccinarsi ogni mese, se necessario, pur di tornare a vivere. Io non sono ancora vaccinata. Ho paura. Ho paura più del vaccino che del Covid. E non sto scherzando. Per questo sono nauseata dall’obbligo del Green pass per vivere da persona libera. Ma la paura oggi è un reato. Mi sento una delinquente. O meglio, la società mi ha etichettata in quanto tale. Sicuramente qualcuno scriverà che solo gli ignoranti hanno paura. Tanti mi criticheranno. È così facile insultare. Soprattutto sui social. Per prevenire critiche distruttive gratuite, e per il bene dell’umanità, mi vaccinerò qui a Capo Verde, con Astrazeneca. L’unica possibilità. Quella scartata dall’Europa ricca, arriva d’obbligo nei paesi poveri. Dignitosamente poveri. Ma sicuramente più ricchi di tanto, rispetto ai ricchi paesi che questo danno lo hanno causato. Qualcuno mi dirà: hai scelto tu di non vivere a Miami. Vero. Quindi mi assumo le responsabilità del caso. Questo non mi impedisce di ritenere assurdo che l’Europa non si assicuri che anche i paesi poveri, che tanto l’Europa ama per il relax, non possano avere gli stessi diritti della tanto amata ricca civiltà. Si chiama diritto alla vita. Ma, polemiche a parte, il mio sì a Astrazeneca, quindi il mio sì al volere della collettività, servirà a far tornare tutto alla normalità? O è un gratta e vinci? Perché io, in 49 anni, ne ho grattati tanti, ma non ho vinto mai.

Pubblicato in: Il mondo visto da qui

Sorridere, nonostante tutto.

Carmen Vurchio

Ho comprato il libro Neoitaliani, di Beppe Severgnini, edito da Rizzoli, all’aeroporto di Milano Malpensa, lo scorso fine ottobre, prima di salire sul volo che mi avrebbe riportato a Sal, una delle dieci isole dell’arcipelago di Cabo Verde, dove vivo ormai da più di dieci anni e dove spero che un giorno qualcuno apra una bella libreria. Ero andata in Italia a luglio, approfittando di un volo della Farnesina (biglietto pagato regolarmente, qualcuno pensa che certi voli siano gratis), per assistere mia mamma, durante un periodo difficile della sua vita. Ho vissuto poco l’incubo Coronavirus, quattro mesi circa. Ma mi è bastato. Poi sono rientrata in quella che viene definita la Terra del No Stress, e mi sono accorta che qui è tutto diverso, qui è tutto stranamente normale. È ovvio che anche da noi prendiamo le precauzioni del caso, ma non siamo in stato d’emergenza e per questo continuiamo a vivere all’insegna della libertà, sempre e comunque con un occhio attento a ciò che avviene attorno a noi. Ecco perché, per me, è stato ancor più interessante leggere ciò che ha scritto Beppe Severgnini nel suo libro, Neoitaliani. Mi è servito a comprendere come i miei connazionali abbiano imparato a convivere con l’emergenza, senza perdere la bussola. Mi ha ricordato le tante risorse della mia amata Italia, un patrimonio costretto dagli eventi a un letargo forzato. Mi ha fatto riflettere riguardo ai nostri difetti, sorridere del nostro modo di essere italiani e pensare a come la tanto decantata globalizzazione ci abbia inghiottiti in un sol boccone. Il Covid non ha cambiato solo gli italiani, ma i cittadini del mondo. Quelli che il virus lo hanno vissuto sulla propria pelle, quelli che hanno imparato a conviverci e quelli che lo hanno anche solo visto passare. Ha costretto noi tutti a sederci, ognuno a casa propria. Una casa che aveva bisogno di essere vissuta e che col suo calore ha riscaldato famiglie che la società pre-Covid, ossessionata dalla velocità, aveva contribuito a raffreddare. L’Italia è famiglia ed è la culla di italiani che, come scrive Severgnini, sono quello che gli altri vorrebbero essere. Gli unici ancora in grado di sorridere, nonostante tutto.